“Le funzioni cognitive, come gli ingranaggi di un orologio, ci consentono di svolgere le attività quotidiane e di farlo coscientemente”

“È come se fossero la spia della benzina: quando non funziona più e ci ritroviamo a secco in autostrada, allora sì che ci accorgiamo di lei! E dobbiamo ripararla”

Che cos’è?

Il Training cognitivo è un vero e proprio allenamento delle funzioni cognitive, ovvero di tutti quegli strumenti innati che ci permettono di fare operazioni mentali.

Le funzioni cognitive sono il software del corpo umano e come gli ingranaggi di un orologio ci consentono di svolgere le attività quotidiane e di farlo coscientemente.

Memoria, attenzione, comprensione e produzione verbale, formulazione di pensieri, calcolo, riconoscimento, denominazione, programmazione dei movimenti, creatività sono solo alcune delle capacità strumentali della nostra mente.

A che cosa serve?

Quando le abilità cognitive funzionano bene, di loro neanche ci accorgiamo perché, essendo degli strumenti, non sono esse stesse l’oggetto del nostro interesse, ma solo il mezzo per arrivare a qualcos’altro.

La loro importanza appare invece subito evidente quando non funzionano come dovrebbero, perché ostacolano il raggiungimento delle nostre mete. È come se fossero la spia della benzina: finché funziona nemmeno la notiamo, sappiamo che al suo segnale conviene fermarsi ad una stazione di servizio e fare rifornimento e poi ce la dimentichiamo fino a quando nuovamente farà capolino. Ma quando la spia della benzina non funziona più e ci ritroviamo a secco in autostrada, allora sì che ci accorgiamo di lei! E dobbiamo ripararla.

Purtroppo, a differenza della spia della benzina, le funzioni cognitive non sempre si riparano. Lesioni cerebrali causate da malattie degenerative o da traumi, se di dimensioni importanti, possono danneggiare irreparabilmente questi strumenti della nostra mente. Basti pensare agli effetti devastanti delle demenze, o agli esiti invalidanti di ictus cerebrali o traumi.

Senza arrivare a questi estremi, a tutti può capitare di andare in una stanza e non sapere più il perché, o di dimenticarsi di comprare al supermercato proprio quello per cui erano andati, o di avere la sensazione di conoscere qualcuno ma non sapere proprio quale sia il suo nome e dove lo si sia incontrato prima.

No, questi non sono necessariamente segnali di patologia. L’efficienza delle funzioni cognitive è fortemente influenzata dall’umore, dalla stanchezza, dallo stress, dal sovraccarico.

Tuttavia, in caso di drastici cambiamenti nella nostra capacità di portare a termine le nostre attività quotidiane senza essere influenzati dai fattori sopra citati, è sempre utile fare un consulto neurologico e una valutazione neuropsicologica.

Ma allora il training cognitivo a che cosa serve?

La creatività non è solo un’abilità astratta di trasformazione e produzione, è anche un principio regolatore del lavoro che i nostri neuroni fanno per permettere all’organismo di funzionare nel migliore dei modi.

Quando un’abilità cognitiva viene lesionata al punto da non funzionare più, le connessioni tra i neuroni sani si ristrutturano in modo da sopperire a questa mancanza e “inventano” nuove strategie per far fronte alla necessità. Un processo compensatorio talvolta di grande efficacia, in altre circostanze dagli scarsi risultati.

In questi casi può essere utile seguire programmi di riabilitazione cognitiva, che guidano i neuroni nella loro riorganizzazione strutturale e funzionale.

Numerose e importanti ricerche hanno però dimostrato che questo processo di ristrutturazione raggiunge migliori risultati quando le persone hanno stimolato la loro mente durante tutto il corso della loro vita, facendo, volontariamente o involontariamente, attività che di per sé già rinforzano i legami neuronali e ne creano di nuovi. È quella che viene chiamata riserva cognitiva.

Il training cognitivo è dunque un programma di allenamento strutturato che crea riserva cognitiva.

A chi è utile?

Più semplice dire: a chi non è utile? A nessuno.

Allenare la mente è infatti un’attività utile a tutti (a meno che Nostradamus non vi abbia predetto che la demenza non è nel vostro destino).

Tuttavia, non è necessario che tutti facciano percorsi di allenamento strutturati. Leggere, fare le parole crociate, il sudoku, le differenze, cercare tra migliaia di elementi uguali l’unico diverso per una singola caratteristica, creare con la mente e con le mani, ricordare i codici della banca sono già di per sé alcune ottime strategie per tenere attiva ed allenata la nostra mente.

Il training cognitivo strutturato è un suggerimento utile da dare alle persone che hanno bisogno di usare le funzioni mentali per raggiungere i propri obiettivi e si accorgono di fare fatica: penso agli studenti che devono acquisire molte conoscenze e non ce la fanno oppure a professionisti che devono gestire contemporaneamente molte informazioni e si perdono.

Naturalmente è di grande importanza per tutte le persone che sentono già di avere delle fragilità cognitive e hanno necessità di tenersi in allenamento per non cadere in un lento declino.

E di grande utilità è poi per le persone non più giovani che iniziano a notare qualche difficoltà in più rispetto a prima nel ricordare, nel concentrarsi, nel trovare la parola che si vuole dire, nel seguire i discorsi…

Chi è il trainer?

Sono diverse le figure professionali che possono attuare programmi di training cognitivo, avendo maturato le competenze tecniche specifiche nel loro percorso di studi. Tra queste troviamo lo psicologo, l’educatore, il terapista della riabilitazione psichiatrica.

Questi professionisti si sono formati, sui libri e attraverso molta pratica, per arrivare a saper distinguere la natura della difficoltà dell’utente, saper scegliere la tipologia di esercizi da proporre, il grado di difficoltà, le tempistiche, i metodi di somministrazione, da quale abilità cognitiva sia meglio iniziare a lavorare nel caso di una compromissione di più funzioni. Queste competenze sono alla base di un percorso di trining cognitivo.

Tuttavia, fare training cognitivo non è un’attività puramente tecnica. Esistono programmi di allenamento mentale virtuali che certamente fanno bene il loro lavoro. Tuttavia, come ho accennato prima, ci sono fattori non meccanici che hanno un forte impatto sul funzionamento della nostra spia della benzina. L’emotività gioca un ruolo cruciale, per esempio, nelle fasi di acquisizione e di recupero delle informazioni

memorizzate. La motivazione è il motore che che mette in moto l’intero sistema. Le (false) credenze su di sé possono persino generare ostacoli al percorso.

E allora, quali competenze trasversali servono al trainer?

Il trainer ha il ruolo di guidare l’utente in un percorso che non avrà un esito prevedibile, entrando in gioco molti fattori di diversa natura.

Il suo lavoro prevede prima di tutto un contatto umano, la creazione di una relazione costruttiva che sia allo stesso tempo professionale ma di agio. L’utente non può fare progressi all’interno di un ambiente che non sia accogliente e rispettoso.

Il rispetto è prima di tutto della condizione di difficoltà in cui l’utente si trova e un approccio che non sia accogliente e comprensivo lo metterebbe a disagio e questo, a sua volta, creerebbe le condizioni emotive che influenzano negativamente il lavoro di potenziamento cognitivo.

Il trainer deve dunque trovare la giusta vicinanza tra direttività e fermezza richieste dal ruolo di guida ed empatia, calma e delicatezza. Deve saper gestire le frustrazioni, perché il training cognitivo è un processo lungo che non sempre mostra immediatamente i suoi frutti. Deve possedere direzionalità, indispensabile per definire le tappe intermedie, e pazienza, per rispettare i tempi dell’utente e comprendere quando è il momento di intervenire in modo più diretto.

Fatte proprie anche queste competenze, il professionista è ora pronto ad offrire ai suoi utenti un servizio che sia davvero di qualità.