“Il sostegno psicologico è una mano tesa verso il bambino interiore ancora instabile sulle proprie gambe, che ondeggia avanti e indietro cercando un punto fermo cui aggrapparsi”

 

“Con il mio lavoro sostengo il bambino senza camminare per lui. Lo aiuto a trovare il suo personale punto di equilibrio, così da poterlo osservare a distanza sempre maggiore mentre compie i suoi primi passi”

 

 

Credo che ogni persona possa stare bene. E credo che ciascuno di noi abbia il diritto di decidere cosa voglia dire “stare bene” per sé. Penso anche che non esistano persone “buone” e persone “cattive”. Esistono persone più sofferenti ed altre che soffrono meno. Le azioni sono conseguenze di uno stato interiore che è il punto più profondamente personale di ciascuno di noi.

La sofferenza non è un qualcosa di oggettivo, di osservabile, di misurabile. E questo spesso porta ad una sua svalutazione. Ogni volta che penso “c’è chi sta peggio” o che metto da parte il mio sentire perché mi dicono “certo non sei messa bene, ma pensa a me che…” si sta togliendo al proprio dolore il diritto di esistere. E così, stiamo togliendo il diritto ad esistere ad una parte di noi.

Ignorare la sofferenza porta al suo accumulo nel tempo, fino a quando esploderà in reazioni sorprendenti -per gli altri e a volte anche per noi- in momenti inaspettati. A volte è il corpo teatro di queste reazioni e compaiono fastidi che non hanno una ragione medica accertata, che sembrano inspiegabili. Oppure siamo preda di cambi repentini di umore o, ancora, viviamo in balia delle emozioni e non controlliamo le nostre azioni.

A volte è facile trovare il collegamento tra il “sintomo” di oggi e il dolore di ieri, mentre altre volte è molto difficile e ci si accontenta di dire “sono fatto così”.

Nessuno è “fatto così”. Siamo tutti il prodotto dell’interazione tra la nostra soggettività e l’ambiente fisico e sociale in cui viviamo. E ciascuno di questi fattori può essere modificato nella direzione in cui riteniamo alloggiare il nostro benessere.

Che ruolo ho io in tutto questo? Io ho il compito di sostenere.

Accettare l’esistenza del proprio dolore, vederne la natura e riconoscerla, rielaborare quella sofferenza e trasformarla in una spinta a vivere nel modo migliore per il proprio benessere è un percorso ad ostacoli. Se così non fosse non si arriverebbe all’accumulo dannoso.

Il mio sostegno in ciascuna fase è come l’aiuto della mamma al bambino che sta imparando a camminare: resta al suo fianco, lo risolleva quando cade, gli fa vedere i pericoli perché non si faccia male, lo tiene per mano se il passo è ancora incerto, lo lascia andare quando è stabile sulle sue gambe. E poi resta lì ad osservarlo correre, pronta all’occorrenza.

Offro il mio sostegno in particolare nei casi di:

Gestione delle emozioni e dell’umore

Relazioni insoddisfacenti

Inefficienza scolastica

Terza e quarta età